Mostra ‘Piastre dell’illusione’ di Mario Giovanetti
Mostra "Piastre dell'illusione" di Mario Giovanetti fino al 13 dicembre 2009
Piastre dell'illusione
L’inquietudine genera fantasie e alimenta illusioni che determinano attrazioni verso le diversità. Per Mario Giovanetti l’arte è un processo di revisione della nostra idea della realtà. Come far cadere la barriera fra interno ed esterno, come eludere ogni forma di imposizione e di precostituito? A volte l’artista dice di volersi imbarcare su un'astronave capitanata da un illusionista per trasferire le proprie suggestioni in luoghi ogni volta più imprevedibili, in angoli permanenti e al tempo stesso transitori. Per questo fantastica, rincorre visioni di siti dove non ha mai messo piede mentre con la materia e i colori pensa di attraversare la terra per descrivere il cielo, di sbarcare sulla luna e inventariare frammenti di tempo sparpagliati sulla superficie del Mare della Tranquillità, di declinare sul volto butterato di un mondo dagli oscuri riflessi l’altra faccia delle cose, ciò che nella realtà è rappresentato dalla magia, ovvero l'energia nascosta che si cela in ogni realtà. Oppure, trasvola le aree del fantastico per svolgere una particolare versione dei sogni, come quelli che hanno spinto Joan Mirò a raccogliere in una cornice di legno l'immensità delle costellazioni, il pulviscolo
chimerico delle pleiadi, quei dettati emotivi trascritti con la complicità del silenzio o seguendo ombre sui muri, ombre di una favola breve, diceva Goethe, ineffabili istanti di un inconoscibile che separa e unisce.
Una meticolosità visionaria, un vertiginoso gioco combinatorio, un sentimento che si sviluppa solo se manovrato dai fili dell'imprevisto, quasi un ossimoro stabilizzato al centro di una ragionata periferia del pensiero. Insediato all'incrocio delle ombre e dei residui di desiderio, Giovanetti continua a raccontare se stesso e ciò che immagina con l'intensità alchemica di un esercizio che si accompagna a memorie e abbandoni, praticamente un'evasione dal discrimine fra vero e illusione. Difficilmente collocabile in uno specifico ambito, il fare dell'artista bolognese è riconducibile ad ampie letture e a ricerche rivolte soprattutto alle avanguardie storiche. Registrate su rilievi bidimensionali o in coaguli pittoscultorei, le sue sensazioni appaiono impresse in un dettato poliverso, frutto di libere interpretazioni di maestri a lui più congeniali.
Da una semplificazione prossima all'astrattismo alle pulsioni dell'informe, dalle incursioni nell'irreale all'interesse per quanto riguarda il valore del gesto e delle tecniche primitive. Quindi, stratificazioni geologiche con agganci a ritrovamenti di tipo "dada", riflessi di poetiche alla Dubuffet, inconscio e surreale, l'associazione di elementi senza rapporto logico tra loro eppure capaci di produrre, nel loro straniante insieme, un che di evocativo. Muoversi in quest’ambito è come affidarsi a reperti del tempo andato per raggiungere una nuova forma della realtà, come appoggiarsi al passato per farne una calamita dai magici poteri, un apparecchio che dal dissimile
può ricavare un'unità creativa.
Immaginiamo l'artista alle prese con i suoi pensieri e i suoi tormenti in un ritiro solitario, a colloquio con i ricordi e tutto ciò che la luce gli trasmette, lo vediamo prendere nota del segreto trascolorare delle cose fino a rendere tangibile la vita solo remoto gli occhi chiusi, e dare quindi sostanza a forme avvistate ora in un paesaggio remoto, ora nell'invaghita trasparenza di una foglia. Il suo fare è diventato un moto rituale, una somma di colori e tasselli, di tarsie che corrispondono a un lungo tratto dell’esistere. Pittura, scultura, espressioni di un recupero variegato della propria vita, un rapporto con la creatività sempre mantenuto cori intensa passione. Le opere che ha realizzato formano la processione di un lavoro iniziato una quarantina di anni fa quando, superate le ingiunzioni del precostituito e le espressioni di chi amava indugiare nell'autoreferenza, prese a considerare talune valenze cubiste quale effetto di uno svolgimento cromo-geometrico con conseguenti riverberi luminosi e scansioni materiche inquadrabili in un'accezione orfica, riconducibili ad esempio ad autori quali Robert e Sonia Delaunay; comunque un esercizio svolto in base a una particolare indagine sull'espressività del colore e della materia, un'autonoma, per certi versi spontanea maniera, dunque un effetto svincolato da ogni struttura dogmatica. Così, col trascorrere del tempo, l'arte è diventata per lui una rapsodia di luoghi e di situazioni da reinventare con l'impiego di materiali diversi, una gamma che si è via via allargata per giungere a un assemblaggio tipo atlante dell’immaginifico grazie all’innesto di reperti naturali, schegge di metallo, foglie, mattoni, chiavistelli, pietre conficcate in spalliere di vecchi letti, porte dai colori memori di lontane aristocrazie, opere dove pigmenti e venature dovevano sottendere tramandi di stati esistenziali.
Artista defilato, ma non per questo assente dal dibattito culturale o estraneo al trasmutare dei linguaggi, con le sue tavole ha sempre inteso, e intende, dimostrare la permanenza del passato nel presente, l'assicurazione cioè che la labilità del tempo possa decantarsi in simboli tangibili. Facendo del legno e delle idee formule evocatoci di eventi trascorsi, si ostina a modellare i pensieri trasformando la memoria m sentimento dell'oggi. Ci sono pagine che sfoglia con più emozione, quelle che gli fanno credere di potersi imbarcare da un momento all'altro sull'astronave che porta all'utopia, sul convoglio spaziale diretto a un Mare della Tranquillità che la nostra corrosa abitudine non ci fa più vedere. Tra le pagine di questo lungo racconto un capitolo sembra assumere valore aggiunto, è quello che riporta al periodo trascorso in Africa qualcosa che ha segnato profondamente il suo animo. Rammenta tutto e nel ripasso di ogni istante è come se trattenesse il pensiero tra sistole e diastole della suggestione. Ama ripassare la magia di certi momenti, soprattutto il tratto, brevissimo, in cui la luce del giorno viene traghettata verso la notte.
"Per pochi secondi un silenzio che aveva dell'assurdo avvolgeva la terra, tacevano anche gli animali mentre la luce calava al di là dell'arco celeste" Giovanetti ha racchiuso in un suo ideale contenitore i giorni dell’Africa, lo ha fatto prima che ogni visione cadesse in prescrizione. Ne è nato un resoconto fatto di segni veloci, di arabeschi, fino a tavole e tavole su cui ha declinato riti e misteri, e dove smalti e inserti materici si succedono come scritture imbevute di meraviglia.
Ora i percorsi inventati da Giovanetti sono piastre con incisi reticoli lucenti in grado di dare la misura di un orizzonte tra il rosso delirio di un tramonto e la profondità di un cratere lunare invaso dal nulla. Nella realizzazione dei lavori passaggi del vivere e ricordi si affastellano su un piano dove i pensieri giocano a dadi con il tempo, Piastre, così l'artista ha battezzato i suoi ultimi elaborati, tavole e tele che sono la conferma di come tutto ruoti attorno alle emozioni di sempre, di come sia fatale il passaggio delle cose che se ne vanno per poi riapparire secondo uno svolgimento vichiano che coinvolge fortemente Giovanetti, il quale proprio sulle piastre incide i temi di un passato che torna. I luoghi dell'utopia sono mobili, costitutivamente imprendibili; per questo, se dal gioco dei dadi non escono i numeri giusti, si rischia di vivere in uno stato di allucinazione perenne. L'alea, il senso dell'imprevisto, il fascino di scoprire l'altra faccia delle cose, motivi che accompagnano da sempre l'artista suscitando in lui sintomi di struggente stupore. Pittura e scultura sono componenti di un unico sortilegio che egli vive con la consapevolezza di chi vorrebbe che l'arte avesse i caratteri di una festa infinita. Chissà, forse potrebbe essere così, di certo l'espressione poetica ha un fondo inesauribile. Per dirla con Chesterton, l'arte ti accompagna nella vita e ti fa dire, "sono diventato vecchio senza annoiarmi".
Franco Basile
Nato a Bologna nel 1932 Mario Giovanetti ricorda col suo fare la figura di un artigiano-demiurgo.
Da ragazzo, dopo la scuola, andava da un intagliatore di legno ad imparare non tanto il mestiere,
quanto la magia della trasformazione e il mistero che ai suoi occhi si annidava tra le venature della
materia.
Un faber-artista, è stato definito, comunque non un semplice esecutore delle proprie intuizioni, pur
dalla tecnica sopraffina, ma lo sciamano che sa convogliare influssi e risorse del cosmo nel proprio
gesto e realizzare, tra pittura e scultura, opere sostanziate dalla suggestione.
Ecco il perché del sentimento che lo lega agli elementi di cui si serve.
Anzitutto il legno che definisce vivo, “Qualcosa che rimane vivo per sempre; io entro in lui, io sono il legno”. Ma anche il ferro, i frammenti di erpici, il gesso, le reti di cotone, i brandelli di sacchi, i colori. |
E’ come un processo di appropriazione intimamente implicata con culture diverse, come quelle
dell'Asia, dell'Africa e dell'America, di gente con cui Giovanetti è entrato in contatto durante i
suoi numerosi viaggi.
HANNO SCRITTO E PARLATO DI LUI
Alberico Sala, Alberto Pierucci, Andreina Bergonzoni, Antonella Lippo, Antonio Caggiano, Arrigo Levi, C.Federico Teodoro, Claudio Spadoni, Cristina Sfrisi, Daniela Bellotti, Eugenio Riccòmini, Franco Basile, Franco Farina
Franco Patruno, Franco Solmi, Gabriele Turala, Gabriella Pirazzini, Giorgio Celli, Giorgio di Genova, Giorgio Ruggeri, Giuseppe Marchiori, Graziano Campanini, Gregorio Scalise, Laura Facchinelli, Laura Vallini, Lino Cavallari, Loretta Mozzoni, Luciano Caramel, Marcello Venturosi, M.Grazia Almieri, MariaGrazia Villa, Marilena Pasquali, Mario Guidotti Maurizio Garuti, Nino D'Antonio, Paolo Rizzi, Pietro Bonfiglioli, Renzo Federici, Roberto Pasini, Silvia Evangelisti Tommaso Paloscia, Vito Aculeo.
PRINCIPALI RASSEGNE
Studio Inquadrature Firenze, Galleria comunale d'arte moderna di Ancona, Galleria Civica d'arte contemporanea di Gallarate, Galleria d'arte contemporanea del comune di Taranto, Centro Lo Zahir di Napoli, Studio Inquadrature Firenze, Palazzo dei Diamanti Ferrara, Galleria Due Torri Bologna, Accademia Pontano di Napoli, Pinacoteca Civica di Pieve di Cento, Galleria La Loggia di Bologna, Casa di Giorgine C.Franco Veneto, Arco di Madrid 1985 di Basilea, Fiac di Parigi, Art Colonia di Colonia, Los Angeles al Museum of California, State College Bakersteld, Centro d'Arte San Vidal di Venezia, Palazzo Reale di Napoli, Kriterion Milano, Galleria L'Incontro di Imola, Galleria Civica di Cento, Biennale Bologna, Galleria Civica di Bondeno, Galleria Civica di San Giovanni in Persiceto, Galleria Civica di Jesi, Galleria del Popolo a Mirandola, Gand di Belgio, Galleria delle Arti Bologna, Cassero Senese Grosseto, Istituto di Cultura Csa G.Cini Ferrara, Castello Bentivoglio Bazzano, Galleria San Ludovico Parma, Galleria Carbone Ferrara Galleria d'Arte Moderna "Aroldo Bonzagni" Cento Ferrara.