Venerdì 28 maggio 2010 ore 18.30 il poliedrico artista newyorchese Shalom Neuman a Cento

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Shalom Tomas Neumann è nato a Praga, Cecoslovacchia nel luglio del 1947. Egli è l'ultimo maschio sopravvissuto di una grande famiglia ebraica, molti dei quali perirono in dell'Olocausto nazista della Germania. La sua famiglia fuggì da Praga verso la fine della guerra ed emigrato a Haifa, in Israele dove ha trascorso la sua infanzia. Quando aveva 12 Shalom, la sorella ei suoi genitori emigrarono in Pittsburgh, PA. Ha vissuto negli Stati Uniti e da allora ha fatto a New York la sua casa a partire dai primi anni 1980. Shalom risiede in uno dei quartieri esterni New York e lavora dal suo studio a Fort Green, Brooklyn. Ha insegnato presso la Cooper Union, Parsons School of Design, ed è stato visiting lecturer presso la School of Visual Arts e Yale. Attualmente insegna al Pratt Institute of Technology. Espone negli Stati Uniti, Sud America, in Asia e in tutta Europa. http://www.saatchi-gallery.co.uk

Fondatore del FusionArts Museum situato in 57 Stanton Street , Manhattan , New York , USA
 http://fusionartsmuseum.org/

 

Mostre Personali (selezione):
1990 %u2028Emil Leonard Gallery, Soho, NYC
1991 %u2028Emil Leonard Gallery, SoHo, NYC
1996 %u2028Penn State University HUB Art Gallery, PA
1997%u2028 Audart Gallery, NYC%u2028Kern Gallery, State College, PA
1998 %u2028Bullet Space, East Village, NYC
2000%u2028 Tribes Gallery, NYC
2002%u2028 Exit Art, NYC
2004 %u2028Bedroom Gallery, Prague, Czech Republic%u2028The Tank (Circuit Bending Festival), NYC
2005 %u2028La Galleria d’arte ARTantide Lugano, Lugano, Switzerland%u2028FusionArts Museum, NYC
Mostre Collettive(selezione):
1995 %u2028Costers Gallery, Highland Park, NJ
1997%u2028 Joseph Helman Gallery, NYC%u2028Cambridge Multicultural Arts Center, Cambridge, MA%u2028Jack Tilton Gallery, SoHo, NYC%u2028Digital Art Exchange, DAX Group, Spokane, WA
1999%u2028 Spectra Digital Arts Gallery, SoHo, NYC
2000%u2028 Spectra Digital Arts Gallery, SoHo, NYC
2001 %u2028Casa Obscura Gallery, Montreal, Canada%u2028Tribes Gallery, NYC
2002 %u2028Gallery Siesta, Ginzo, Tokyo, Japan
2003%u2028 Zimmerli Museum, New Brunswick, NJ%u2028L.E.S.X. Gallery, NYC%u2028Para Globe Gallery, Tokyo, Japan%u2028FusionArts Museum, NYC%u2028Aizu Art College, Tokyo, Japan%u2028Mishima Eco Museum, Tokyo, Japan%u2028FusionArts Museum, NYC%u2028Chàteau de Chevigny, Burgundy, France%u2028Teatrino della Villa Reale di Monza, Monza, Italy%u2028IF Museum/Inner Spaces Galleries, Poznan, Poland
2004%u2028 FusionArts Museum, NYC%u2028Innerspaces Museum, Poland%u2028OutlawArt Museum, NYC%u2028Arsenal Galleries, Poland%u2028IF Museum/Inner Spaces Galleries, Poland%u2028Media Factory, Hungary%u2028FusionArts Museum, NYC
2005 ArÈMap Gallery, Prague, Czech Republic
FusionArts Museum, NYC
Creek Art Center, Shanghai, China
FusionArts Museum, NYC
ArtMap Gallery, Prague, Czech Republic
The Ukrainian Museum of New York, NYC
FusionArts Museum, NYC
Mishima Eco Museum, Tokyo, Japan
 2006 %u2028Chateau de Chevigny, Burgundy, France%u2028City Hall, Paris, France%u2028Grey Gallery, NYC%u2028Victory Hall, Jersey City, NJ%u2028Musée de l’Homme, Paris, France%u2028PLP Gallery, NYC
2009 Venezia 53a Biennale, (Venezia, Italia) 

 

 

Critica

L'espressione artistica si manifesta in un'universalità
coerente. L'artista che all'apparenza sembra un innovatore di concetto, si
richiama in realtà ad un credo artistico radicato e tradizionale: l'imitazione
del vero. La riproduzione del reale non viene intesa come emulazione secondo la
logica del visibile ma come elaborazione attraverso una lettura percettiva. Non
si tratta quindi di descrivere ciò che l'occhio vede, secondo uno schema
geometrico e concettuale lineare ma al contrario di creare un rimando a
sensazioni umane effettive seguendo uno schema volumetrico sferico e
onnisciente. Anche il limite tra pittura e scultura viene rifiutato. In
riferimento alle opere di Shalom si parla spesso, per questo motivo, di
Fusion-art ad indicare una tipologia espressiva fondata sul concetto della
non-esclusione: la vera libertà, quella tendente all'infinito aritmetico delle
possibilità si rende quindi coerente con una tecnica artistica basata sulla
moltiplicazione della moltiplicazione. Diventano perciò molteplici i punti di
vista, ma anche le materie e le strutture utilizzate; il tempo viene osservato
dall'esterno, nelle visioni in cui fruitore o artista possono non riconoscersi
e dall'interno seguendo un principio illustrativo attivo, dinamico, partecipato
e coinvolgente. Si potrebbe ricondurre il tutto ad un unico temine:
panismo.Tradizionalmente nell'arte e in letteratura si è descritto spesso un
panismo naturalistico (si pensi a Gabriele d'Annunzio, per esempio, quando ne
“la pioggia nel pineto” scrive: “E immersi noi siam nello spirto Silvestre,
d'arborea vita viventi.”); Shalom invece percepisce e riflette un panismo
urbano, fatto di forme, luci, strutture, materiali, visioni, colori diversi che
fusi insieme creano un vortice attrattivo coinvolgente in maniera completa.
Ecco perchè le opere di Shalom sono talvolta oggetti incongrui saldati in
strutture illogiche, luci fluorescenti composte in maniera confusionaria,
materiali quotidiani e reali accorpati a figure digitali artificiali. Le opere
creano in questo modo un linguaggio particolare tradotto secondo una retorica
di allusioni, che talvolta diventano satira o critica conducendo l'osservatore
a spunti riflessivi sul reale attuale ma anche sul reale futuro. L'esperienza
di vita e la formazione dell'artista costruiscono un cronotopo che presenta
coordinate ben precise: la guerra mondiale, la fuga insieme alla famiglia,
l'infanzia senza capricci in Israele hanno favorito e stimolato un bisogno
espressivo privo di rinunce e di schemi troppo costretti. Shalom riporta spesso
la dichiarazione di Kandinsky per cui l'opera è il prodotto dell'energia di
vita dell'artista: l'arte è una necessità irrinunciabile di esprimere i propri
bisogni e non una scelta cosciente e razionale. Sono in molti ad associare la
filosofia artistica di Shalom con quella di Baj fondatore dell'arte nucleare,
un movimento nato nel 1952 basato sull'idea di materia che si trasforma in
energia e movimento. Non contemplazione ma una posizione attiva e dinamica. I
nucleari a loro volta furono preceduti dall'Eaismo, ossia movimento dell'Era
Atomica (E, A, ismo) che identificava nell'energia nucleare l'innovazione più
universale in grado di rivoluzionare ogni percezione umana. L'arte di Shalom è quindi
calata in un contesto storico diffuso a livello universale derivato dalle nuove
riflessioni che la sensibilità di un artista si propone dopo un cambiamento
sociale importante. In molte opere di Shalom è tangibile un'energia totale e
potente che viene poi rielaborata secondo un'evoluzione personale dell'artista
che suggerisce spesso un gioco composto in una confusione voluta e studiata,
articolato attraverso una vena ironica e critica. La percezione si concentra
sul particolare potere delle “masse”, intese sia come oggetti materiali,
secondo un'etimologia astronomica e fisica, sia come collettività umana,
secondo una concezione filosofica-romantica. In altre parole il gioco è basato
sull'assimilazione delle masse materiche da parte delle masse umane e sulla
lettura risultante da un'integrazione di pensieri alla vista di un'integrazione
di strutture.

Michela Danzi
Gaming in the Name of the Lord

 
Shalom ha realizzato una serie di opere a sfondo satirico,
ispirate alle grandi organizzazioni religiose mondiali, che detengono un
fortissimo potere sociale, ma alla fine si possono paragonare ad altre grandi
organizzazioni popolari (ad esempio quelle sportive), anch'esse basate su
precise regole.

Anche li ci sono le regole della "salvezza", del
premio finale in caso di vincita del campionato (il "paradiso"); ci
si veste allo stesso modo, utilizzando delle uniformi e ci si riconosce
attraverso i propri colori ed i propri vessilli.

Altri forti punti in comune sono il senso di appartenenza,
l'identità comune, che diventa un vero e proprio status. Nelle società
contemporanee, purtroppo, sia le organizzazioni religiose, sia quelle sportive,
non sono vissute per le loro missioni più "alte", più etiche, per i
loro valori veri, ma entrambe diventano una sorta di gioco terribile dove
grandi poteri riescono a manipolare le masse.

L'ironia finale è che non ci sono più vincitori, ma solo vinti.
Shalom
[USA]

 
"[…] Al62 della Seconda Avenue, all'altezza della sesta
via, c'è una piccola galleria incasinata ove sono esposte circa 500 fotografie
a colori di opere disponibili, I prezzi sono modestissimi perché si tratta di
artisti sconosciuti ma talvolta interessanti. Per certi aspetti questa
galleria, la Emerging Collector,ricorda il piccolo spazio che Iris Clert aprì a
Parigi in rue des BeauxArts verso la fine degli anni Cinquanta. Da Iris Clert
agli inizi esposero unpo' tutti, da Dubuffet a Jorn, da Arman a Tinguely. Da
Iris nel 1958 ebbi, in cambio di qualche mio piccolo quadretto, delle scatole
nere di Louise Nevelson divenuta poi la famosissima scultrice che tutti
sanno.%u2028La Emerging Collector Gallery offre anche ai clienti un Investment
Package composto da 25 opere di artisti vari al prezzo di 5 mila dollari: 200
dollari a quadro. La galleria ha ora aperto al pubblico una nuova ala, anzi un
sotterraneo detto The Boiler room, la stanza della caldaia. Qui si tengono
piccole mostre personali, e poi ogni Lunedì sera si fa un'asta di quadri di
giovani artisti. Prezzo base 25 dollari. A questa somma è stato aggiudicato un
quadro di un pittore,tale Jeffrey Derringer, che poi è stato scoperto da
qualcuno e ora avrà una mostra assieme a Schnabel e a Keith Haring. La
galleria, è una sorta di rigatteria d'arte contemporanea; puoi pescare tra le
cianfrusaglie, oppure mettere mano agli scaffali dove i quadri sono stipati
l'uno dopo l'altro. Lo spazio è piccolo e devi fare attenzione a non inciampare
in qualche scultura tutta saldata e puntuta di Linus Hurricane Coraggio, uno
scultore che ama il gioco, la fiamma ossidrica e l'esaltazione permanente.
Tutto quel che trovalo salda assieme. Prima di lasciare la galleria, la
proprietaria, Christine Daniel di origine francese, ci mostra un testone enorme
da cui promanano sinistri bagliori. L'artista è Shalom Neuman, abita lì vicino
e decido di passare dal suo studio.%u2028Shalom Neuman vive in un antro la cui porta
d'accesso è decorata da una testa a struzzo di Fa-Q, ovvero Kevin Wendal. In
questa zona del Lower East Side, al cui confronto l'East Village è
Montenapoleone o via Veneto,parecchi sono gli artisti che vivono in tuguri o
locali ove sembra passata da poco la furia della natura o degli uomini. […]
Il nostro Shalom ci fa entrarein uno spazio buio ove, attraverso il brillio di
minime luci vaganti, ricostruiamo un po alla volta nella retina alcune figure –
mostruose e voluttuose, seducenti eppure terrifìcanti. Una sorta di museo degli
orrori dove due lesbiche trincano alcol mentre puttane tutte imbrillantate di
perline passano sotto al naso di ragazzotti tipo executive o di uomini deformi.
Le luci, i suoni, i rumori,tutto è computerizzato con estrema raffinatezza in
mezzo a quel sudiciume dove la vita brilla qui e là assieme alla perversione.
Le immagini realizzate a rilievo con inserti oggettuali e vividi colori sono
frequentemente punk, eil punk diventa qui qualcosa di profondo e di simbolico,
quasi archetipale. Al di là delle stregonerie e degli incubi alla Rosemary's
baby, un senso di apocalisse prevede l'antro, dove a poco a poco, come in
un'aurora boreale,torna la luce. Sulle pareti a tutta prima scorgi delle teste
simili a maschere tribali, quelle care a Lévi-Strauss, e poi un po' alla volta
viene fuori un altro aspetto di Shalom, quello dell'esperto pittore figurativo
con nudi di donna e interni carichi di sensualità. […]"

Enrico Baj

[Da "Miseri ma belli / Arte poverissima / Visita ai
bassifondi di New York", Panorama, 28 Aprile 1987]

 

"New York è una città contraddittoria: si va dagli
splendori della 57a Strada al degrado dell'East Village, tanto per rimanere a
Manhattan. Gli stessi lussi e le stesse miserie si leggono nell'esteriorità
dell'arte. Eppure le novità più interessanti emergono proprio là dove
l'indigenza toccai vertici. Ma procediamo con ordine. Intanto alcune gallerie
di prestigio hanno spinto le radici a Soho: Leo Castelli e Ilieana Sonnabend,
tanto per citare due nomi di fama, hanno preferito abbandonare i marmi del
centro richiamati dal fascino del nuovo, dalla speranza di scoperte che danno
sapore alla vita. Ma c'è dell'altro: proprio il Village, il quartiere dei muri
dipinti,dei rottami elevati a sculture, delle case sfondate, dei marciapiedi
incisi,sta rischiando di smarrire il suo ruolo trasgressivo. In attesa di
ulteriori invasioni di ordinato nitore, è stato "inquinato" dalla
raffinatezza della gallerie "Pat Hearn", che negli ampi spazi sulla
9a Strada ha inaugurato l'anno scorso una mostra di Philip Taaffe, un giovane
rampante che,grazie a una pittura svolta su ritmi decorativi, riesce a vendere
i suoi quadri alla bella cifra di 35 mila dollari, qualcosa come 45 milioni di
lire. Durantel'inaugurazione, dove si sorseggia vino bianco, le giovani signore
ingioiellate possono assaporare un brivido e un'emozione per l'incontro di
qualche elemento locale dallo sguardo torvo e dal comportamento aggressivo o
dell'artista emarginato,come Stefan Eins (dimenticato iniziatore dei
"graffitisti"), che sfruttala circostanza per vendere ai presenti
quadretti da dieci dollari. Un folklore e un brivido da non proiettare oltre la
sera, quando i tassisti preferiscono evitare certe zone. Ma questo, si diceva,
non è più l'East Village mitico. Per ritrovare intatto il clima di avventura, e
di creatività,occorre spostarsi verso Rivington Street, dove fioriscono
abitazioni-studi di estremo squallore, dove alcune gallerie, che neppure la
preziosa Gallery Guide"prende in Considerazione, si aprono in buche
catacombali. Ebbene, qui l'arte vive ancora per se stessa. Intorno alla
Rivington School, che fa capo a un antro fatiscente, e intorno a un giardino
dagli alberi e dai rami di metallo a costituire un collettivo e ricamato
monumento di allucinazione urbana, spiccano sicuri talenti, a partire da Kevin
Wendal, che si firma provocatoriamente FA-Q, dall'esplosiva,sensuale e surreale
violenza di segno, di colore e di materia. Egli definisce "afro-pop"
il suo modo di dipingere, ma in lui troviamo anche matrici espressioniste e
"Cobra". Sulla parete della galleria "No SeNo" sono state
preparate con la pinzatrice un centinaio di sue carte edi suoi oli; per terra
emergono un paio di sculture in ferro e in carta stagnola di Jack Vengrow.
Appare quindi sulla soglia un personaggio incredibile, giunto a bordo di un
camioncino-atelier dipinto e illustrato a tinte vivaci. E' uno scultore, si
chiama Robert Parker, usa la forgia per complicati oggetti chesi coniugano con
tibie e femori di derivazione bovina. Di lì a poco capita Paolo Buggiani, un
artista italiano trapiantato da molti anni a New York, pilotandola sua
Volkswagen trasforrnata in carro da guerra blindato, in veicolo spaziale
sputafiamme con cui si esibisce in "performances" notturne, nelle
“prove di fuoco” di quella che egli chiama "art street". E non è
finita: in un portone vicino si fa conoscenza con Freddy il Sognatore, un italo
americano che s'avvale dell'acrilico per racconti onirici in tonalità verdi-rosate.%u2028 Si
percorrono pochi isolati ed è la volta di Shalom Neuman, un oriundo
cecoslovacco che si è costruito un museo degli orrori: alcuni manichini,
carichi di rimandi freudiani e di denunce comportamentali, sono collegati a un
computer per un intreccio di luci colorate e di rumori. Uno spettacolo di
grande effetto cui si assommano sicure qualità plastiche e pittoriche: Neuman è
uno che ha già esposto fuori del ghetto; di lui si è interessato anche il
Whitney Museum.%u2028Sulla scia delle sorprese scopriamo una galleria che offre in
blocco 25 opereper cinquemila dollari prendere o lasciare, presentando come
garanzia un taleche, partito dall'offerta-regalo, è giunto in pochi mesi a
esporre conHaring e Schnabel. A pochi minuti d'auto c'è SoHo e c è Castelliche
mesi fa ha inaugurato una esposizione di Jasper Johns, un ciclo dedicato alle
stagioni. E poi una interessante mostra di un Lichtenstein
"astratto"che mantiene stretti legami di impostazione e di colori con
il momento "pop":questi quadri paiono appunto frammenti della pittura
di allora, particolari ingranditi. Nell'altra galleria, situata in Greene
Street, si era aperta la seconda collettiva per celebrare i trent'anni di
attività newyorchese di Leo: dopo Rauschenberg, Stella; Twombly, Warhol,
Oldenburg, Lichtenstein e Johns, è toccato ai più recenti e
"minimali" Dibbets, Flavin, Judd, Kosuth, Morris, Nauman, Serra,
tutta gente che deve buona partedell'acquisita notorietà al grande vecchio
gallerista. Da Ileana Sonnabendha esposto una serie di disegni Terry Winters,
un'amica di Johns: la mostra,come succede talora solo a New York, è stata
venduta ancora prima dell'inaugurazione.%u2028L'autrice si colloca tra Klee, per
certi tratti, e Odilon Redon, per allusionia un naturalismo trasognato.%u2028Se
vogliamo nomi ancor più clamorosi ed esposizioni mozzafiato, che aNew York non
mancano mai, torniamo nel luccicante cuore della città.La 57a Strada ha
proposto con la galleria "Pace" le sculture di Calderdel periodo
1930-1945. Da "Sidney Janis" si respira addirittura l'essenza di un
grande museo: la collettiva dei maestri del XX secolo è stata ditale qualità da
lasciare tutti stupiti e ammirati. Si andava da alcuni superbi Mondrian a
quattro splendidi Giacometti, a un Boccioni del 1911, a un Carrà del medesimo
anno, a un De Chirico del 1915; sfilavano quindi Picasso, Braque, Klee,
Brancusi, Duchamp, Léger, Kandinskij, Ernst, Magritte, Matisse… Una
passerella di cinquantadue capolavori impensabile da noi. Questa è New
York."

[Da "Arte Americana", Arte n° 181 – 1988]

"Light -so central to the painter's oeuvre for obvious
reasons – has been subvertedin these boxes, painted for the most part in
ultraviolets, blacks and blues,luminosity offered instead via incandescence.
Bulbs placed inside the framesboth illuminate and form part of the composition;
landscapes peopled by plastictoys. A trio of flickering bulbs at the feet of a
suggestively supine Barbieserve to reveal an anomaly of her anatomy. Meant to
amuse these toys disturb.Landscapes are barren, otherworldly – between worlds
where the artificial ismost important. The viewer is oriented towards the
disoriented, the toys arenot so much themselves lost as the worlds they hover
between and over. A plasticBig Mac made gigantic by perspective, appears to
have been abandoned by theside of what is not exactly a road; a grinning purple
demon leers at the viewerdaring him or her to approach. A magnificent piece of
driftwood trailing a circuitboard is guided through a void suggesting outer
space by a disembodied greenhand. Could this be a healthy hand? Below, a
quartet of footballers of the saloontable game variety are posed rigidly below,
spitted through by their familiariron bar, forever unable to make a move.
Mickey Mouse appears to love swimmingwith sharks. These paintings have their
own sources of light and it is indeedartificial."

John Farris
[Poet and Editor of Digitas, 2000]

 
"Shalom Neuman'snew show, Altared Icons, takes the
discarded toys of our childhood and assemblesthem in such a way that what you
first thought looked familiar may be somethingyou never saw before, and what
you thought was friendly might be sinister. Itmakes one think of the lines in a
Bob Dylan song "you know something ishappening but you don't know what it
is. Do you Mister Jones?"%u2028What's happening is Neuman isn't creating art to
escape the contemporary era,but – like Dylan – to plunge us further into it. he
portrays the innocence ofchildhood without leaving out the evil it could
become. Each piece, containedin a black box, is lit by small lights. I know of
no other fusion artist whocreates work as powerful as Joseph Cornell without
making us feel like we'repeeking."

Hal Sirowitz
 http://www.artantide.com

 



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